INSERISCO IN QUESTA PAGINA ALCUNI ARTICOLI CHE RITENGO MOLTO INTERESSANTI E INFORMATIVI SULLA SCUOLA PRIMARIA, L'AUTORE E' GIUSEPPE CALICETI, SCRITTORE E MAESTRO. LI METTO NELLA SEZIONE COMMENTI, UN ARTICOLO PER COMMENTO, COSI' DA NON "INGOLFARE" TROPPO IL BLOG.
3 commenti:
DA IL MANIFESTO 7 NOVEMBRE 2008
APPUNTI DI SCUOLA
Via la compresenza, e l'istruzione si riscopre classista
Giuseppe Caliceti
Compresenze e eccellenze. Dicono: l'anomalia italiana è la media tra alunni e docenti (un docente ogni 10,1 alunni), mentre la media Ocse è di 16; in Inghilterra e Francia ce ne è 1 ogni 20. Dicono: ogni alunno alle elementari ci costa 6835 dollari, contro i 5663 della Francia e i 5014 della Germania. Dicono: i nostri insegnanti sono i meno pagati, dopo 15 anni un prof di liceo guadagna 26.400 euro contro la media Ocse di 34.800, con tedeschi e olandesi che si avvicinano ai 50.000 euro. Dicono: se abbiamo il maggior costo per alunno e il minor stipendio per insegnante c'è qualcosa che nella scuola primaria non funziona. Dicono: anche Padoa-Schioppa e i ministri dell'Istruzione dell'ex governo di centrosinistra dicevano di sentire l'esigenza di tagliare i costi della scuola pubblica italiana. Per rispondere a queste obiezioni occorre parlare seriamente della compresenza che si crea quando, temporaneamente - cioè per sole alcune ore - in una classe ci sono due insegnanti insieme. Occorre ricordare che da noi gli studenti diversamente abili sono inseriti all'interno della classe e non separati in istituti speciali, in classi differenziali: è una eccellenza della nostra scuola, studiata su questo tema delicato in ogni parte del mondo. I docenti di sostegno a questi bambini e il loro stipendio dipendono dal ministero dell'Istruzione e non da quello alla Sanità come in altri Paesi. Ai quali, oltre i docenti normali, per una corretta comparazione, dovrebbero perciò essere aggiunti anche docenti e spese per i bambini diversamente abili.
Di fronte a questa eccellenza italiana, didatticamente più efficace, ma complessivamente più utile anche economicamente, oggi si vuole tornare indietro. Ancora: di fronte all'ondata crescente di immigrazione, la compresenza è spesso usata dai docenti come momento di alfabetizzazione di primo e secondo livello per gli alunni stranieri. Anche qui si torna indietro, a classi differenziate, che comunque avranno bisogno di altri fondi e personale. Senza tener conto che sono più le parole che un bambino straniero può imparare in una ricreazione dai suoi compagni di classe italiani di quelle che in una mattina può insegnargli un solo docente. Non solo: anche qui ci sono dubbi sul fatto che in questo modo si possa ottenere un risparmio economico. Le ore di compresenza - sempre meno, si tratta di due o quattro ore, ricordiamolo, e questo quando va bene - permettono inoltre di aiutare anche i tanti alunni italiani in difficoltà sempre più numerosi. Alcuni certificati dall'Usl a 11, 20 o 40 ore, ma senza tutte le ore di sostegno a disposizione, coi fondi sempre più risicati non vengono coperti - a proposito, se in classe ti arriva un caratteriale, non c'è l'insegnante di sostegno, gli insegnanti di classe non possono esentarsi e se lui si fa male ne sono gli unici responsabili?
Ci sono poi i cosiddetti «bambini difficili». Quelli che vivono in situazioni sociali, economiche e familiari svantaggiate. I figli dei nuovi poveri. I bambini adottati o in case-famiglia. I figli di tossicodipendenti, di divorziati in lite tra loro. Ma a volte anche di famiglie perfette solo all'apparenza. O i bambini con quoziente intellettivo più basso o capacità di apprendimento più lenta rispetto alla maggioranza. La compresenza serve a loro. E' un segno di civiltà. Già da una decina di anni è stata messa in discussione: non a caso, se un insegnante è ammalato, la compresenza salta in nome di una supplenza non nominata. Per risparmiare. Col decreto Gelmini è soppressa. Ogni classe italiana diventerà più classista. Chi ce la fa, bene. Chi non ce la, fa pazienza. A partire da sei anni. Cosa si proporrà a chi non ce la fa? Niente. O forse lezioni private. O un diplomificio specifico a pagamento. (calicetigiuseppe@libero.it)
da Il Manifesto, 21 ottobre 2008
APPUNTI DI SCUOLA
Ecco cosa accadrà al tempo pieno
Giuseppe Caliceti
Il ministro Gelmini ha detto che non toccherà nella scuola il tempo pieno - 40 ore di scuola per gli alunni, al mattino e al pomeriggio, cinque giorni a settimana col sabato a casa coi genitori - senza però rinunciare all'insegnante unico. Come? Il decreto afferma semplicemente che anche nel tempo pieno ci saranno, invece dei due insegnanti attuali, un solo insegnante. Come è possibile? Cerco di spiegarlo, almeno intuitivamente.
Un insegnante di tempo pieno attualmente lavora per 24 ore di cui due per la programmazione didattica settimanale - non in classe coi bambini - e due in compresenza, cioè insieme al collega, generalmente per dividere la classe in gruppi di livello e aiutare con un po' di recupero in italiano e in matematica chi ha più difficoltà. Immaginiamo che le due ore di programmazione saltino, visto che c'è l'insegnante unico non occorre più che si confronti con nessun collega. Da 24 ore a 40 mancano ancora 18 ore. Tutto il tempo mensa e interscuola settimanale (quello per far giocare i bambini), dieci ore, viene fatto saltare e appaltato ai comuni: per la Gelmini non occorrono più docenti per far mangiare correttamente e con progetti alimentari specifici i bambini, ma alcune bidelle o inservienti pagate dai singoli Comuni; stesso discorso per l'interscuola, il tempo gioco previsto in otto ore: non si educa giocando, anche qui basta qualcuno pagato da un Comune che tenga a bada i bambini. E se i Comuni non hanno soldi? Ci pensino comunque loro a chiedere più soldi ai genitori al posto dello Stato; come già chiedono le rette per la mensa dei bambini, le chiedano anche per la loro sorveglianza durante e dopo il pasto. Restano ancora otto ore. Ma se ne devono togliere tre per l'insegnamento di inglese da parte di un insegnante esterno. Ora ne restano cinque. A questo punto il decreto Gelmini propone che gli insegnanti allunghino il loro orario di insegnamento - tutto bucherellato e già pieno di orari spezzati (che significa stare a scuola otto ore al giorno per insegnarne e essere pagati solo per sei, cinque o, spesso, quattro ore quotidiane.
Queste cinque ore in più richieste ai docenti unici del tempo pieno, si intuisce dal decreto che saranno pagate coi fondi di istituto al costo di circa 60/70 euro complessivi netti e con circa un anno di ritardo, questo almeno è ciò che accade oggi per le ore di lavoro che un insegnante fa in più rispetto al suo orario. Se i docenti non accetteranno un orario di lavoro mattino e pomeriggio pieno di buchi, con un orario di lavoro assurdo, risulterà che sono loro e non il governo in carica e la Gelmini a far saltare il tempo pieno. Perché? Immagino già le parole della Gelmini e di Brunetta: perché sono dei fannulloni. Allora risulterà ancora più chiaro come tutta la campagna mediatica portata avanti sui lavoratori statali fannulloni e sugli insegnanti del sud scansafatiche non era fatta a caso, ma aveva un preciso obiettivo: colpire gli studenti, i loro genitori, il lavoro dei docenti.
Da Il Manifesto 31 Ottobre 2008
APPUNTI DI SCUOLA
Iscriviamo tutti i bimbi al tempo pieno
Giuseppe Caliceti
Il successo dello sciopero del mondo della scuola italiana non sorprende. Peccato solo che non sia avvenuto un giorno prima ma solo un giorno dopo l'approvazione del decreto. «Questo è solo l'inizio», recita comunque uno degli slogan più gridati. In effetti, nonostante il nuovo anno scolastico sia incominciato da appena qualche mese, la sensazione è che sarà lungo. La vera partita inizia ora. Mai come oggi studenti e docenti e semplici cittadini possono rendersi conto di come i diritti conquistati per sé e per i propri figli in tempi ormai remoti, se non sono strenuamente difesi, semplicemente, ti vengono tolti. Ma cosa succederà ora? Vale la pena ricordare che anche la riforma Moratti passò, ma poi non se ne fece nulla o quasi, perché una opposizione nata dal basso resa riuscita a bloccarla. Per applicare il taglio Tremonti-Gelmini ci vorranno tutta un'altra serie di decreti, regolamenti attuativi, circolari. Inoltre della 137, in cui si tolgono fondi in tre anni a tutto il comparto educazione dagli asili all'università, a proposito della scuola primaria si parla di «un orario di sole 24 ore per un unico maestro», ma si legge pure: «Salvo diverse esigenze richieste dalle famiglie». Se prendiamo per esempio l'Emilia Romagna, dove il tempo pieno di 40 ore settimanali è diffuso nell' l'80% delle scuole, viene da chiedersi se il governo saprà veramente rispondere alle esigenze delle famiglie. Se cioè i genitori degli alunni si faranno veramente sentire reclamando di non veder tagliato il diritto di un tempo scuola di 40 ore per i loro figli. Proprio per questo, appena approvato il decreto, Berlusconi ha iniziato a parlare improvvisamente di «doposcuola», che è cosa ben diversa dal «tempo pieno». L'idea di doposcuola è infatti una sorta di babysitteraggio che già negli anni '60 iniziò a essere considerata sorpassata e che oggi si evoca solo per questioni economiche. Un'idea offensiva per i docenti ma anche per gli studenti e per i loro genitori. In poche parole: la vera scuola ci sarà nelle quattro ore al mattino, il resto è «sorveglianza» dei bambini. E di questo se ne occupa non lo Stato, dice Berlusconi, ma gli enti locali. Ci pensino loro a chiedere ai genitori degli studenti, oltre la retta mensa, anche quella per la sorveglianza dei figli a bassocosto. O al pomeriggio li mandino nelle parrocchie, le famose «agenzie educative» più diffuse sul territorio italiano.
La vera partita, nella primaria, si giocherà proprio sul tempo pieno. Il governo riuscirà a garantire qualità alla scuola non solo alla mattina, ma anche al pomeriggio? No. Come sarà possibile farlo se Gelmini parla di mettere un insegnante solo a 24 ore nelle classi a tempo pieno che hanno 40 ore di tempo scuola per gli alunni? Occorrerà poi che genitori e studenti - i veri utenti della scuola - accettino di accontentarsi di un doposcuola - cioè non di una scuola - e per di più, probabilmente, pagandolo. Avere meno e pagare di più. Accetteranno? Solo se sapientemente distratti e disinformati con questioni tipo grembiulino-sì o grembiulino-no. Senza accorgersi che il grembiulino è solo una foglia di fico per nascondere le vergogne d questo disegno. E all'inizio del prossimo anno scolastico si accorgeranno di cosa accadrà realmente. Chi ha veramente a cuore il presente e il futuro dei propri figli permetterà un tale scempio? Solo se opportunamente disinformato. Il 25 gennaio partono le prescrizioni degli studenti per il prossimo anno scolastico. Entro quella data le famiglie potranno scegliere per i propri figli 24 ore di insegnamento o una scuola che prevede un tempo scuola comprensivo di mensa di 40 ore? Ipotizziamo che, al nord, sia confermato un trend alto - oltre il 50% - di richieste per il tempo pieno: il governo sarà in grado di risponder loro senza stratagemmi, cioè garantendo una scuola di qualità? Ne dubito. Certo un modo efficace per sapere se il governo è sincero o mente ci sarebbe: chiedere di iscrivere tutti i bambini e i ragazzi italiani a un modello di scuola a tempo pieno. Come reagirebbero i dirigenti scolastici? E il governo? Verrebbe meno alla richiesta di quali famiglie? Dei più belli?
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